Passione di Gesù
13 marzo – Tristezza di Gesù nell’orto del Getsemani
13 marzo
Tristezza di Gesù nell’orto del Getsemani
Punto XIV – Il Salvatore geme, oppresso da un’immensa tristezza e, sentendosi desolato perché gli mancano quelle consolazioni spirituali che era solito avere, si rivolge ai tre Apostoli che ha condotto con sé, per trovare un po’ di conforto. Come sul Tabor si era rivelato a loro come vero Dio, mostrando i tesori della sua gloria, così ora conferma di essere Uomo, manifestando le sue debolezze non immaginarie, ma vere e degne di essere compatite. Dice loro: “L’anima mia è tanto afflitta che non può più reggere. Io mi sento morire. Fratelli miei, non mi abbandonate, abbiate pazienza perché ora dovrete tenermi compagnia e consolarmi”.
Riflessione – Si rimane senza parole nel vedere il Dio della gioia e consolatore degli afflitti in tanta tribolazione da aver bisogno di essere consolato. Lui, che poco prima col suo aspetto divino allontanava la malinconia dagli animi e rapiva il cuore di chiunque lo guardasse, ora è ridotto in modo tale da mendicare un po’ di conforto da tre poveri pescatori. E che cosa mai si potrebbe dire, vedendolo in quello stato così pietoso nel quale, come Giobbe, va elemosinando compassione dagli amici? Abbiamo ammirato Gesù quando, nel cenacolo, si è abbassato a lavare i piedi degli Apostoli; ma quella era un’umiltà onorata, nella quale si era confermato Maestro e Signore. Ora, invece, rivela un’umiltà fatta di debolezza e paura, che lo spinge ad implorare aiuto, come se non avesse più la forza di sostenere le sue tribolazioni. Qui si manifesta come un uomo di poco valore che non fa apparire in sé nulla di divino; ma non dobbiamo mai dimenticare che questa sua abiezione è proprio Lui che la vuole.
Anche se il divino Maestro si è abbassato fino al punto di domandare conforto, gli Apostoli continuano a dormire e, come se fossero diventati privi di senno, non gli rispondono neppure una mezza parola di consolazione. Gesù stesso, però, ha disposto che la sua umanità abbandonata ed agonizzante cerchi, ma invano, chi la consoli, affinché nella sua Passione non gli venga alcun sollievo né da Dio né dagli uomini.
Colloquio – Gesù mio, io rimango affascinato davanti alla tua sublime carità, alla tua umiltà e alla tua pazienza; ma capisco che oltre a lodare e ad apprezzare le tue virtù, dovrei anche sforzarmi di imitarle. Solo meditando su di esse, potrò rendermi conto di quanto grandi siano la mia superbia e la mia ingratitudine. Eterno Padre, fa’ che si realizzino in me, secondo il tuo volere, i frutti di questa meditazione.
Pratica – Per imitare Gesù, che nella sua Passione ha voluto privarsi di ogni conforto umano, cercherò anch’io di togliere qualche soddisfazione ai miei sensi. Ogni privazione sarà per me meno gravosa quando penserò alle indicibili amarezze che Gesù ha voluto soffrire per amor mio.
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