Passione di Gesù
18 dicembre – Punto III – La morte di Gesù crocifisso
La morte di Gesù crocifisso
Punto III – Consideriamo le circostanze della morte di Gesù riportate dal Vangelo. Egli è appeso con tre chiodi alla croce e non c’è nessuna parte del suo sacratissimo corpo che non abbia avuto il suo martirio. Benché sia morto, Egli è ancora Dio perché la Divinità non si è mai staccata dal suo corpo. Un Dio eterno ed immortale si è ridotto a diventare mortale e a morire addirittura in croce per noi, perciò non possiamo esimerci dal dovere di riflettere soprattutto su quanto sia immenso il suo amore. Sarebbe stata già una cosa enorme, la più grande che umanamente si potesse fare, se Egli fosse morto per i suoi amici, cioè i giusti; invece è morto anche per salvare i suoi nemici, i peccatori: ha dato la vita per chi ha fatto di tutto per dargli la morte. Quest’infinita carità è degna solo di Dio e noi siamo tenuti a lodarla e a benedirla.
Riflessione – Gesù è morto per tutti i peccatori, quindi anche per me. Io ho l’obbligo di credere a questa verità di fede; e se la fede deve essere ferma e senza alcuna esitazione, anche la mia speranza deve essere costante e stabile. Commetto un peccato mortale se rinuncio a sperare di salvarmi per mezzo della sua morte a causa dell’enormità dei miei peccati. Infatti anche se fossi cento, mille volte più peccatore di quello che sono, non importerebbe nulla, perché ogni anima, per quanto carica di colpe, può salvarsi per mezzo del sacrificio di Gesù. Proprio perché la morte è il più grande segno della fragilità umana, il nostro Uomo-Dio l’ha scelta per esercitare con essa il suo potere sovrumano. Dobbiamo dunque credere in Gesù e sperare in Lui, ma dobbiamo anche amarlo, perché, senza la carità, la fede e la speranza sono vane e non bastano per salvarci.
Colloquio – Gesù, morto in croce per me, ti sono debitore di tutto me stesso; io voglio amarti con tutte le mie forze, perché sei la mia speranza, la mia vita, la mia salvezza. E non potrei non amarti, visto che, per poco che pensi a te, sento che si dissolvono tutte le paure della mia coscienza colpevole e che l’anima viene consolata dalla tua misericordia. Ti rendo grazie per la tua morte; voglio amarti sopra tutte le cose, in modo che ogni mia azione sia fatta solo per darti gloria e perché tu sia contento di me. Desidero imitarti crocifiggendo me stesso per amor tuo, ma tu sostieni con la tua grazia questo mio proposito e tieni stretti a te sulla croce i miei sensi, la mia intelligenza, la mia volontà, i miei pensieri e i miei affetti.
Pratica – Crocifiggere me stesso vuol dire mortificarmi; morire a me stesso significa rinunciare alle mie idee, ai miei progetti, al mio benessere e alla considerazione degli altri.
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