Passione di Gesù
21 ottobre – Punto I – Gesù è condannato a morire in croce
Gesù è condannato a morire in croce
Punto I – Pilato alla fine lascia da parte le perplessità e prende la decisione di condannare Gesù, nonostante le sue convinzioni, i rimorsi e le prove dell’innocenza dell’imputato. Solo uno scopo politico, come quello di soddisfare il popolo e di non perdere la sua carica, lo spinge a commettere un’ingiustizia così evidente. Questo hanno scritto gli Evangelisti, affinché fosse noto che Gesù, pur essendo innocente, ha dovuto morire per nessun altro motivo che quello della salvezza del mondo, proprio come aveva detto Caifa. Il governatore, dunque, emette una sentenza ingiusta e crudele: Gesù Nazareno deve morire in croce. Nel pronunciarla egli trema da capo a piedi, come se fosse un reo condannato e non un giudice che condanna; istintivamente la sua natura rifiuta di accettare che il Dio della vita debba morire. Ciò nonostante non si ravvede e non modifica la sua decisione, ma abusa del potere che gli viene da Dio per ratificare il deicidio.
Riflessione – Giudice cieco e disonorato, ben presto la tua anima sarà nelle mani di quest’Uomo-Dio che ora tu condanni, ed allora sarai da Lui giudicato e forse anche condannato.
Non devo, però, essere io ad inveire contro Pilato, perché anch’io, ogni volta che ho commesso un peccato mortale, ho condannato a morte Gesù, nonostante la mia fede e i miei rimorsi. Ripensando ai miei peccati dovrei odiarmi talmente da non aver più pace, e questa sarebbe la penitenza più giusta per me, visto che ogni mia mancanza è dovuta all’eccessivo amore di me stesso.
I Santi odiavano tanto la loro volontà e la loro carne, ambedue causa di peccato, da combatterle continuamente con sacrifici e mortificazioni. Così dovrei fare anch’io per pagare il debito con la Maestà divina ed assicurarmi la vita eterna; invece non solo non mi odio, ma mi amo in maniera eccessiva e disordinata.
Colloquio – Mio Dio, che mi dai luce per conoscere il mio dovere, dammi anche la forza per compierlo. Sono convinto che il disprezzo di me stesso sia necessario per sconfiggere il mio amor proprio e che sia un dono soprannaturale il possederlo. Perciò, eccomi in ginocchio davanti al trono della tua clemenza, per implorare umilmente la tua grazia, la sola che generi virtù e fortezza.
Pratica – Disprezzare me stesso significa mortificarmi sia interiormente che nel corpo; e questo mi è estremamente necessario per riparare i peccati commessi e per preservarmi da quelli che ancora posso commettere.
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