Passione di Gesù
20 ottobre – Punto IV – Pilato accondiscende alla condanna di Gesù
Pilato accondiscende alla condanna di Gesù
Punto IV – Pilato sarebbe propenso a concedere la libertà a Gesù, ma teme il furore del popolo, la perdita del favore imperiale e il conseguente danno ai suoi interessi. Gli sarà difficile, quindi, poter evitare tutto questo ed insieme agire con rettitudine.
Il compito di un giudice onesto è quello di istituire un processo per controllare le prove dell’accusa prima di emettere la sentenza. Perché allora non usa la diligenza necessaria nell’accertarsi della colpevolezza di Gesù? Per conquistare un regno sono indispensabili soldati, armi e denaro, perciò la sua innocenza è evidente, visto che Egli ha solo dodici apostoli, gente rozza ed ignorante, ed è tanto povero da non possedere neppure una casa dove abitare. Ma Pilato non sa nulla di tutto ciò perché non si preoccupa dei suoi doveri di difensore della giustizia, e, preso dalla superbia, cerca di non danneggiare la sua immagine ed i suoi interessi.
Riflessione – Questo succede continuamente. Man mano che in un’anima cresce la superbia, di pari passo diminuisce la grazia celeste che illumina e riscalda, tanto che senza accorgersene, ma per colpa sua, essa finisce per cadere in una cecità ed in una insensibilità spaventose. L’anima superba, tutta intenta a realizzare se stessa, trascura completamente i suoi doveri, non vede e non ama ciò che è retto, non conosce più né giustizia, né coscienza, né Dio.
Nel descrivere il carattere di Pilato mi accorgo molto bene di quanto assomigli al mio; anche per quanto mi riguarda è la superbia che mi spinge a commettere ogni giorno le colpe più gravi, volgendo il mio giudizio in una direzione contraria a quella giusta: invece di tener lontano ciò che offende Dio, evito solo quanto potrebbe nuocermi od offendermi. Se non mi decido a vincere questo vizio, posso già considerarmi nel numero di coloro che si perdono.
Colloquio – Mio Dio, tu vedi il mio amore disordinato per le vanità terrene e, poiché solo tu mi puoi aiutare, umilmente a te mi rivolgo. Liberami dal mio amor proprio, perché non voglio più desiderare le false parvenze di bene, ma solo la verità, la giustizia ed il dovere. Io non ho fatto proprio nulla per meritare di essere esaudito, perciò mi abbandono alla tua carità, al tuo amore e alla tua misericordia che sono infiniti.
Pratica – La grazia divina si perde per la superbia e si mantiene con l’umiltà, perciò è questa la virtù che devo amare e desiderare più di ogni altra.
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