Passione di Gesù
8 luglio – Punto IV – Impenitenza e disperazione di Giuda
Impenitenza e disperazione di Giuda
Punto IV – Il demonio, vedendo che Giuda si è pentito del suo peccato ed ha confessato la sua colpa alla presenza dei sacerdoti, teme che egli si penta davvero anche in maniera soprannaturale e perciò riempie subito di tenebre e di orrori la sua fantasia, per dargli l’ultimo scossone e farlo precipitare nell’impenitenza finale. Lo sciagurato potrebbe ancora farsi forza e sperare nel perdono: dovrebbe solo ricordarsi che Gesù non gli ha negato né il boccone dell’amicizia nel cenacolo, né il bacio della pace nell’Orto. Ma a queste cose egli non bada. Gettàti con rabbia i trenta denari nel tempio, va ad impiccarsi con le proprie mani, dopo essersi riconosciuto colpevole e costituito testimone, giudice e carnefice di se stesso.
Riflessione – Dobbiamo persuaderci che Giuda è morto impenitente e disperato. Che cosa lo aveva ridotto in quello stato? La sua avidità e il suo attaccamento al denaro. E come mai questa passione si era tanto radicata in lui? Perché era stato negligente nel combatterla e quindi le aveva permesso di produrre nel suo cuore un danno gravissimo: era diventato refrattario alla grazia. Questo purtroppo avviene non di rado a tanti altri che Dio lascia nella condizione di peccatori, condizione che volontariamente hanno scelto.
Anche a me potrebbe succedere altrettanto quando meno me l’aspetto, perché anch’io ho dentro di me certe passioni da cui talvolta mi lascio vincere. Se Dio dovesse abbandonarmi e permettermi di fare una brutta fine, dovrò incolpare solo me stesso e la mia accidia, in cui tuttora persevero rischiando veramente il castigo eterno.
Colloquio – Dio Onnipotente, io, misero nulla, mi umilio davanti a te e ti prego di non abbandonarmi. Tu dici al mio cuore che se questo dovesse succedere, la colpa sarebbe mia e non tua; però io senza la tua grazia non posso niente. Ispirami, dunque, tutto quello che ti piace e aiutami a realizzare le tue ispirazioni. La mia debolezza sia vinta dalla tua misericordia.
Pratica – Quando mi accorgo di non temere l’abbandono di Dio è proprio allora che devo preoccuparmi; e devo porvi rimedio aumentando la mia umiltà, perché solo in essa non mi mancherà mai la speranza della salvezza eterna.
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