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Auguri a Sr Maria Alessia!
Il 25 Febbraio scorso ha conseguito la laurea in Scienze Religiose presso l’Università del Laterano. Riportiamo di seguito un sunto della sua tesi.
Parola, musica e silenzio come testimonianza dell’Assoluto. Analisi teologica del linguaggio musicale europeo
La musica ha sempre rappresentato nella mia vita, sin da tenera età, quel filo che, consapevolmente e non, mi ha tenuta agganciata a Dio, alla preghiera e agli ambienti ecclesiali. Anche nei momenti d’incredulità e di profonde incertezze sul senso della vita, la musica mi ha sempre quasi “imposto” di rivolgermi a Dio, di avere un contatto con Lui, di invocarlo anche senza volerlo in modo esplicito. Ho imparato, poi, nel tempo a cogliere il senso della chiamata alla vita cristiana e ancor di più alla vita religiosa nel segno di una vera e propria “vocazione alla musica”.
Se nella mia personale esperienza di vita, la musica si è fatta “contatto” con il cristianesimo e mi ha spesso e volentieri “parlato” di Dio, questo l’ho potuto verificare e dimostrare altrettanto per l’intera esperienza musicale di cui il mondo occidentale è depositario.
La musica in Europa ci testimonia in modo indiscutibile quanto il cristianesimo faccia parte intimamente della nostra cultura e quanto esso abbia ispirato opere di altissimo livello musicale, culturale e teologico. Non si tratta per la maggior parte dei casi (come spesso, invece, certe visioni laicizzanti ci hanno fatto intendere) di opere semplicemente “commissionate” dal mondo ecclesiale, ma si può cogliere chiaramente come alla base di esse ci sia una ricerca ed una profondità spirituale e teologica nel segno della fede cristiana, tesoro spirituale e umano al quale gran parte dei compositori si sono ispirati ed hanno attinto, luogo e contesto naturale in cui queste opere d’arte sono nate e sono state eseguite.. Per cui il percorso svolto intende in primo luogo invitare il mondo dell’arte ad un’ermeneutica del fatto musicale non più limitata ad un approfondimento di tipo estetico-testuale, ma ben radicata anche sul versante teologico-spirituale, riconoscendo al cristianesimo ed ai suoi contenuti una chiave di lettura importante per comprendere i dinamismi stilistici e formali che sottendono alla produzione musicale d’Europa.
A seconda della relazione e della valenza che parola, musica e silenzio hanno assunto reciprocamente si può cogliere la qualità e la tipologia di esperienza del divino e del soprannaturale che vi è stata nel corso della storia europea e, con uno sguardo d’insieme, a rilevare che la musica ha assunto un ruolo particolarmente decisivo nel passaggio dalla parola al silenzio, dall’esperienza sensibile a quella sovrasensibile, dalla dicibilità all’indicibilità di Dio, dalla temporalità all’eternità. La musica, infatti, pur facendosi espressione di una bellezza e piacevolezza puramente umana possiede allo stesso tempo la capacità di trascenderla, di evocare l’indicibile mistero di Dio e di introdurre alla soglia del silenzio, proprio perché quel Mistero supera di gran lunga ogni nostro tentativo di comprensione e di ragionamento. La ricerca, allora, non ha fatto che confermare quanto siano profonde le interazioni che esistono non solo tra musica e cultura, ma anche tra musica e fede e, nella fattispecie, tra musica e cristianesimo.
Nel corso del tempo, infatti, si è passati da una prassi musicale subordinata alla parola di Dio e quindi alle istanze della fede cristiana, ad una musica sempre più “fiera” di sé ed indipendente rispetto all’espressione verbale col paradossale risultato che, pur tentando di voler avvicinarsi al silenzio e quindi all’ineffabile, si è ritrovata a non riuscire più a parlare di Dio se non in modo vago ed ambiguo. È, infatti, il ruolo e il significato del silenzio che cambia: da un silenzio “della presenza” col canto gregoriano, la polifonia rinascimentale e la musica barocca, si passa via via ad un silenzio che evidenzia soprattutto un’assenza, quella di un Assoluto che abbia un volto e che si manifesti nella sua verità.
La musica nella sua poliedrica ambiguità, non può presumere di rivelare delle verità su Dio e considerarsi in modo autoreferenziale come via di accesso al sacro; sicuramente essa può attestare l’assoluto, può mostrare l’esistenza di un oltre che vada al di là del contingente, del necessario e del dimostrabile. È testimonianza dell’Assoluto perché schiude gli orizzonti del mistero e dell’arcano, convince l’uomo di possedere un germe divino, un’essenza che superi l’effimero, il bisogno e l’esigenza costituzionale dell’eternità, ma non può altresì giungere alla verità di un Dio personale. Essa ha bisogno necessariamente di collocarsi tra dicibile e indicibile e tra parola e silenzio solo così può realizzare in pieno la sua vocazione metafisica. Essa si fa propriamente testimonianza del vero come assoluto quando scaturisce da esso, quando il suo farsi silenzio è un mettersi in ascolto dinanzi alla Parola che a sua volta germina dal silenzio di Dio, si pone cioè dinanzi alla verità che ci è da Dio stesso consegnata e rivelata. L’errore che ha prodotto questo progressivo allontanamento dal suo ambiente naturale e dal suo mondo originario è stato, infatti, il graduale svuotamento di significati di un linguaggio musicale che, in tal modo, è divenuto incapace di veicolare sentimenti, contenuti e verità significative per l’uomo.
Tuttavia, da parte sua, la Chiesa sente tutt’oggi l’urgenza di rispondere alle sfide sociali, culturali e storiche e di raggiungere quanti sono lontani ed indifferenti al messaggio evangelico percorrendo quella via pulchritudinis che nel tempo ha offerto sempre un grande contributo alla catechesi, alla preghiera, all’incontro con Dio. La musica, in particolare, è via aperta al trascendente, arte della soglia, itinerario privilegiato di accesso allo stupore, alla meraviglia, al bene ed alla verità, esperienza che può aprire facilmente alla ricerca di Dio e disporre al cuore all’incontro con Cristo e che può promuovere la crescita umana e spirituale della persona, educare all’ascolto, alla vera accoglienza dell’altro e a quel silenzio fecondo che il dialogo autentico esige.
Ancora oggi, anche se del tutto inedite sono le dinamiche e le semantiche che animano e alimentano i nuovi percorsi musicali, l’uomo, spesso sganciato da Dio e da stesso, carico del fardello di un presente sempre più frammentario, incomprensibile, segnato dallo smarrimento di senso e ferito dalla condizione terrena, trova nella musica quella realtà che più di qualsiasi altra riesce ad infondergli speranza, che gli testimonia in modo inequivocabile la certezza di una vita futura, di una dimensione altra che lo trascende e lo attende. Se tale trascendenza di per sé gli risulta silenziosa e inaccessibile, se il mondo e la sua stessa condizione gli sembrano immersi in un silenzio di significati e di certezze, la musica è quello squarcio di speranza che illumina il suo cammino, che gli infonde fiducia e lo incoraggia ad attendere, a dipanare le tenebre del silenzio, a riconoscere nella sua storia e nella storia dell’umanità i segni inequivocabili della presenza di Dio.
La musica chiama in causa quelle due estreme e originarie realtà di cui oggi l’uomo ha più che mai bisogno per riappropriarsi della propria umanità e per riscoprire la sua naturale vocazione all’Assoluto: il silenzio e la parola.
I più recenti studi sociologici, antropologici e psicologici, infatti, denunciano non tanto il venir meno dell’ascolto, quanto, piuttosto, il timore di non ascoltare “nulla”. Il silenzio oggi più che mai fa paura perché assume un carattere di negatività, è il mutismo del vuoto, il difetto nel continuo rumore che aliena, che stordisce, che ci impedisce di prendere in mano la nostra vita e che distrugge la nostra capacità di concentrazione. In questa situazione la parola perde la sua pienezza vitale, diventa puro “rumore verbale”, quello che M. Picard chiama «vuoto sonoro che ricopre il vuoto senza suono» e l’ascolto, in definitiva, diventa un ascolto inascoltante.
Se oggi l’uomo ha bisogno della parola, come certezza, come dimensione forte del suo esistere e del suo esserci per sé, per gli altri e per Dio, la può riscoprire solo mediante un rapporto fecondo con il silenzio, poiché alla perdita del silenzio è legata la crisi della parola. Il silenzio, infatti, può stare senza la parola, ma la parola non può stare senza il silenzio: la parola, privata del suo rapporto vitale col silenzio, diventa parola vana, vuota e inautentica, cioè incapace di essere creativa e comunicativa. Solo dal silenzio tutto può ricominciare…
In questo senso la musica risulta avere un ruolo decisivo: può, da una parte, farsi sentiero privilegiato a quel silenzio interiore che è urgenza assoluta del nostro tempo, o può, al contrario, diventare un semplice riempitivo del nostro habitat e della nostra routine quotidiana.
In realtà la musica vera conduce il silenzio alla parola e la parola al silenzio, poiché il silenzio appartiene alla struttura fondamentale non solo della parola, ma anche della musica. Esso chiarifica, purifica, essenzializza il suono e gli consente di respirare. Oggi più che mai «la potenza della musica è misurata dai silenzi che essa riesce a provocare. La vera musica è quella che crea il silenzio, come la vera poesia, come qualunque forma di linguaggio creatore», non un silenzio della rinuncia, dell’incomunicabilità e dell’infinita solitudine, bensì un silenzio come spazio di ascolto, di preghiera, di attesa, di dono, dal quale scaturisce il puro incontro con la Parola di Dio che crea, che trasforma e che rivela.
Sr Maria Alessia Pantaleo
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