Passione di Gesù
5 settembre – Punto VIII – Gesù è flagellato alla colonna
Gesù è flagellato alla colonna
Punto VIII – Benché Gesù abbia voluto patire per ogni specie di peccato da noi commesso, nella flagellazione la sua carne è stata lacerata per espiare particolarmente le impurità della nostra carne. Per punire questo peccato Dio aveva già mandato due diluvi, uno d’acqua e uno di fuoco; ora manda anche un diluvio di frustate su suo Figlio, solo perché lo vede rivestito di una carne simile alla nostra, corrotta dal peccato. Chi d’ora in avanti potrà ancora considerare il peccato impuro un male non grave?
Riflessione – Quanto devono rimanere sbalorditi gli Angeli nel vedere il Verbo incarnato fare una penitenza così orribile nella sua carne immacolata per i peccati fatti da noi nella nostra! Ma ancora più attoniti dovremmo rimanere noi nel pensare che è un Dio colui che viene torturato per la nostra concupiscenza. Benché non sia Dio che patisce, ma solo la carne unita a Lui, la pena di questa, comunque, si riversa su Dio stesso. Quindi il peccato d’impurità deve essere veramente un male enorme, se viene punito con tanto rigore nella carne pura di un Dio. E devono essere mortali le ferite che esso produce nell’anima, se per curarle non c’è altra medicina che il sangue uscito dalle piaghe di un Uomo-Dio.
Colloquio – Eterno Padre, nella flagellazione di tuo Figlio io vedo la gravità dei miei peccati, che solo il suo sangue e le sue piaghe possono espiare. Per le colpe della mia carne peccatrice ti offro i meriti della sua carne santissima. Se le mie impurità ti hanno offeso, lasciati placare dalla sua carne umiliata.
Gesù, che ami tanto la castità e ancor di più le anime caste, sono pentito di averti sfigurato con la mia disonestà; ti supplico: perdonami ed aiutami a non offenderti più per l’avvenire. Allontana da me le occasioni pericolose, dammi la forza di vincere tutte le tentazioni impure e spegni in me i desideri della carne. Concedimi uno spirito nuovo e un cuore puro, in modo che io non offenda più la castità, ma che l’ami e la custodisca gelosamente. Gesù mio, tu sai che devo vivere con il mio corpo, che devo nutrirlo e difenderlo, e sai anche che più lo tengo bene più mi si ribella, perciò lo affido a te: abbine cura affinché io, a gloria tua, sia preservato dal pericolo di offenderti.
Pratica – Per custodire la castità dovrò osservare la modestia specialmente degli occhi, attraverso i quali le fantasie impure entrano per suscitare gli appetiti dei sensi.
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