Passione di Gesù
30 maggio
Gesù è schernito nella casa di Caifa
Punto I – Appena hanno udito che Gesù è accusato di bestemmia, e dichiarato meritevole della condanna a morte, le guardie e i servitori si accendono ancora di più di sacrilego furore e si accaniscono contro di Lui, per umiliarlo, alcuni con offese, altri con parole di scherno ed altri ancora con vere e proprie aggressioni. I capi e gli anziani, messa da parte la loro dignità, più ostentata che vera, sono i primi a deriderlo, e dietro il loro esempio si scatena quel popolo fanatico.
Riflessione – Gesù sopporta tutto con umiltà profonda, che però non diminuisce affatto la sua sofferenza interiore. Egli ama il suo onore per quanto è degno di essere amato, e inoltre ha nell’anima tutta la capacità di affliggersi per il disonore che gli si arreca. Ma, poiché desidera immensamente la sofferenza del corpo e dell’anima, non si lascia sfuggire nessuna occasione, accetta volentieri ogni ingiuria, la soppesa e la penetra con il suo spirito per trarne il massimo della sofferenza. La sua mente si mantiene serena e tranquilla, senza turbarsi affatto; anzi, è in grado di misurare ogni parola cattiva e ogni torto, e più li considera gravi, più la sua amarezza aumenta.
Colloquio – Mio dolce Gesù, io ho tanto da imparare dal tuo atteggiamento di fronte a tutte queste umiliazioni. Possiamo dire che questa è veramente l’ora dei tuoi nemici, che sono intenti a sfogare contro di te la loro ira e il loro odio; ma è anche la tua ora, quella che hai atteso da tanto tempo per soddisfare la tua ardente carità. Come essi non perdono alcuna occasione per insultarti nel modo che il furore suggerisce loro, così tu non risparmi nulla per aumentare le tue sofferenze, secondo quanto ti ispira il tuo amore. Ti ammiro e ti ringrazio, mio Salvatore, ed insieme mi rammarico di non provare un forte desiderio di seguire il tuo esempio. Mentre tu accetti tutte le offese per rafforzare le virtù, io invece mi agito e mi risento per offese che sono niente al confronto delle tue. La mia disgrazia è che ti amo poco. Aumenta in me l’amore, così tutti i legami del vizio saranno per me occasioni di virtù, e i pretesti di cui normalmente mi servo per irritarmi ed insuperbirmi diventeranno esercizi di umiltà.
Pratica – Non è la ragione, ma la superbia che mi fa risentire delle offese che mi vengono fatte. Dovrò sforzarmi, quindi, di non agitarmi, ma di riconoscere che i rimproveri e gli insulti sono meritati, anzi, sono necessari per rafforzare la mia umiltà.
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