Passione di Gesù
23 maggio
Gesù al tribunale di Caifa
Punto IV – La sala del gran consiglio si è riempita di gente. Caifa dà subito a tutti la libertà di parlare contro Gesù, facendo vedere che sarà contento se ci saranno tanti accusatori. Immediatamente molti si alzano e, spingendosi l’un l’altro, avanzano per parlare e per accattivarsi il favore del pontefice. Per macchiare la fama del Salvatore ognuno dice ciò che gli viene sul momento o che ha udito dagli scribi e dai farisei, mormoratori di professione. C’è anche chi lo accusa di essere un gaudente, un ubriacone, un amico dei peccatori; altri, che è Lui stesso un vero peccatore, un sobillatore e bestemmiatore; altri ancora che è un superstizioso e un presuntuoso. E Gesù che cosa pensa udendo tutte queste calunnie?
Riflessione – Per un uomo d’onore non c’è tormento più doloroso della calunnia, infatti per lui è preferibile morire che vivere dopo essere stato disonorato. Perciò possiamo dire che Gesù ora beve quel calice di amarezza, dal quale la sua santa umanità, nell’Orto, aveva pregato di essere dispensata. Egli, ascoltando attentamente, permette alla sua natura umana di soffrire tutto il dolore che simili menzogne possono causare e con pazienza e sovrumana carità prega per tutti i suoi calunniatori.
Quante cose devo imparare da questo esempio! Prima di tutto ad avere tanta pazienza quando si dirà male di me; e poi, quando avrò la tentazione di lamentarmi e di offendermi per le maldicenze nei miei confronti, a non fare agli altri ciò che pesa tanto a me. Io invece tendo con facilità al vizio della maldicenza: sono pronto ad interpretare male le azioni altrui, a concepire biechi sospetti ed a manifestarli; sono pronto a raccontare e ad esagerare i difetti altrui, e sono facile a riferire il male che sento dire dagli altri, senza riflettere se sia vero o falso, e senza riguardo al danno che posso recare all’onore del prossimo.
Colloquio – Mio Gesù, fammi conoscere la gravità di questo vizio e dammi la grazia di amare il mio prossimo con l’amore che ho per me stesso; e come a me dispiace che si dica male di me, così non mi accada di sparlare di alcuno. Mi pento di tutti i peccati che ho commesso con la mia lingua maldicente e mi riprometto di frenarla; d’ora innanzi voglio amare il mio prossimo come me stesso per amor tuo. Ma solo tu, mio Dio, puoi domare questa lingua, perciò ti prego, custodiscila con la tua grazia, in modo che non mi danni per i peccati da essa commessi.
Pratica – Devo convincermi che alla base della mia maldicenza stanno la superbia e l’invidia. Alla mia superbia contrapporrò l’umiltà di Gesù, e alla mia invidia la sua carità.
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