Passione di Gesù
18 maggio – Gesù al tribunale di Anna
Gesù al tribunale di Anna
Punto VII – Gesù aveva dato ai suoi discepoli e, attraverso di essi, a tutti noi questo insegnamento: se qualcuno ci percuote una guancia, dobbiamo presentargli anche l’altra; ed ora ci ha anche dato un esempio di come metterlo in pratica.
Riflessione – Questa norma non deve essere presa soltanto alla lettera, perché la pazienza cristiana non sta nel volto ma nel cuore. Uno, infatti, può offrire l’altra guancia al nemico, ma farlo con l’ira nel cuore o con la vanagloria dello stoico. Il divino Maestro ha voluto dire che quando qualcuno ci offende non dobbiamo solo reprimere il rancore, ma anche essere disposti a sopportare altre offese, senza naturalmente trascurare il dovere di ammonire nel modo e nel momento più opportuni. Gesù ha fatto proprio così: ha ripreso chi lo aveva schiaffeggiato con un dolce ed efficace rimprovero ed ha mantenuto nel suo cuore una totale disponibilità a sopportare offese ancora più gravi. Egli ha offerto non solo l’altra guancia a nuove percosse, ma anche tutto il corpo per essere flagellato e perfino inchiodato sulla croce. Neppure lontanamente possiamo immaginare la perfezione dell’anima del nostro Salvatore, che si è rivolto con ardente carità a chi lo ha percosso e che dimostra per noi un amore così grande da desiderare per sé tutte le umiliazioni e tutti i tormenti.
Colloquio – Beato chi sa imitare Gesù in questa disponibilità a ricevere molte altre offese, dopo la prima, per esercitare l’umiltà e la mortificazione. Mio amato Gesù, io invece sono molto lontano dall’imitarti in questo; non ho la pazienza per sopportare neanche poche parole pungenti, figuriamoci quando sono offeso con i fatti! Se non so accettare neppure una minima osservazione di chi giustamente vuol correggere i miei difetti, se mi infastidiscono anche le persone che sono obbligato ad amare di più, non posso certo sperare di riuscire a tollerare un’offesa vera e propria. La mia insofferenza non potrebbe essere più grave e più dannosa.
Signore mio, imprimi nel mio cuore le regole della vera pazienza, affinché io sappia metterle in pratica in ogni occasione, perché io desidero ardentemente imitarti.
So che sei tu, Dio d’infinita bontà, ad ispirare questa mia preghiera, per questo mi permetto di implorare ancora con insistenza il tuo aiuto. Come è un tuo dono desiderare la virtù, così anche l’averla acquistata sarà frutto della tua grazia e non di una mia vittoria.
Pratica – Devo riconoscere che sono impaziente perché sono superbo; la superbia mi mette in agitazione per paura che mi si faccia qualche torto, e non mi fa ricordare che i miei peccati sono così gravi da meritare torti ed offese ben peggiori.
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