Passione di Gesù
17 maggio
Gesù al tribunale di Anna
Punto VI – Nel sopportare lo schiaffo, oltre alla sua umiltà e pazienza, Gesù dimostra anche la sua mansuetudine, dando questa degna risposta all’empio che l’ha colpito: “Se ho parlato male, accusami del mio errore davanti al giudice; e se ho fatto bene, perché mi percuoti?” E vuol dire: “Io non ho fatto altro che giustificare la mia dottrina, e tu, che sei proprio uno di coloro che mi hanno già ascoltato e lodato, se allora per rispetto non hai osato mettermi le mani addosso, come puoi farlo ora?”.
Riflessione – Questa risposta fu un caritatevole rimprovero con cui il Salvatore ottenne che quell’empio, come vuole la leggenda, si pentisse e si convertisse, ma fu anche una chiara dimostrazione che Egli non aveva mancato di rispetto al gran sacerdote, benché questi, del sacerdote, non avesse altro che il titolo. Comunque sia, dobbiamo imparare da Gesù, oltre a quando tacere, anche come parlare. Quando tace, Egli è la mite pecorella destinata ad essere sacrificata; quando risponde è il buon Pastore che ci educa e ci invita a seguirlo imitando le sue virtù. E perfetta virtù è il saper rispondere dolcemente e far del bene a chi ci fa del male, valore questo non capito dal mondo, ma riservato agli eletti, ai veri seguaci di Cristo.
Colloquio – Il Redentore riceve senza scomporsi il violento schiaffo e con mansuetudine e bontà chiede soltanto perché sia stato percosso. Sia che taccia, sia che parli, le sue labbra sono piene di grazia e di dolcezza, ed in entrambi i casi indica a noi una virtù da imitare.
Dio Onnipotente, Eterno Padre, nostra difesa nei pericoli, io non saprei offrire al tuo sguardo niente di più prezioso del volto schiaffeggiato del tuo unigenito Figlio. Per l’amore che merita la sua immensa carità, sii misericordioso con me e concedimi la grazia di fare sempre buon uso della mia lingua. Quando mi sento offeso, talvolta m’irrito e do in escandescenze e altre volte mi chiudo in un silenzio sprezzante; insomma né il mio parlare, né il mio tacere sono virtuosi. Fa’, mio Dio, che se parlo, io lo faccia solo per la verità, ma con modestia, e, se taccio, sia per umiltà, pazienza e mansuetudine.
Pratica – Poiché le parole dipendono sempre dai sentimenti profondi, devo prima radicare l’umiltà nel mio cuore. Chi è umile ha la grazia di riuscire, in ogni occasione, a tacere o a parlare virtuosamente.
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