Passione di Gesù
15 gennaio – Punto VI – Entrata di Gesù in Gerusalemme
Entrata di Gesù in Gerusalemme
Punto VI – Gesù piange su Gerusalemme per sfogare il suo immenso dolore e, dando all’infelice città uno sguardo pietoso, dichiara che il motivo delle sue lacrime sono la leggerezza e la noncuranza con cui vivono i suoi cittadini. E non dice che queste parole: “Se tu conoscessi…”, volendo intendere: “Se tu riuscissi a vedere l’ira di Dio che ti sovrasta, certamente anche tu piangeresti e provvederesti alla tua salvezza, invece non ti accorgi che la tua rovina è imminente e continui a vivere nel peccato”.
Riflessione – Come un padre amoroso si rattrista e piange nel vedere il figlio gravemente infermo e in pericolo di vita rifiutare l’unica medicina che potrebbe guarirlo, così Gesù si affligge perché vede quell’ingrata città che, pur avendo il rimedio per la salvezza, preferisce perire anziché metterlo in pratica. Come Salvatore Egli va a visitarla per illuminare i suoi cittadini; ma questi, abbagliati dalla vanità e dall’orgoglio, chiudono gli occhi alla verità, non si preoccupano dei pericoli e si rendono indegni della salvezza, perché ne trascurano i mezzi. Per questo Gesù, sospirando, dice: “Gerusalemme, tu perirai, e questo accadrà perché non hai previsto il tuo male e non hai conosciuto il tuo bene”.
Questa predizione è un avvertimento molto importante anche per me. Con quante ispirazioni ed avvisi interiori ed esterni Gesù viene a visitarmi affinché io mi corregga, mi penta della mia vita sregolata e decida di impegnarmi per acquistare le virtù. Da queste visite, corrisposte o trascurate, può dipendere la mia salvezza o la mia rovina.
Colloquio – Povero me, quanto sono pigro e negligente! La vita presente mi attrae, e non penso all’eternità che mi è vicina. Vorrei essere santo, ma rifiuto i mezzi necessari per giungere alla santità. E mentre si scatena dentro di me la lotta fra le passioni dei sensi e i sacrosanti diritti dello spirito, io rimango perplesso e non prendo alcuna decisione. Mio Dio, abbi pietà di me; tu sai che sono cieco alla tua luce, sordo alla tua voce, duro e freddo alla tenerezza del tuo affetto, ma, come un povero infermo, ricorro a te, mio misericordioso Maestro.
La mia malattia è dentro il mio cuore che è pieno di affetti mondani; infatti, anche se finora mi sono illuso di amarti, riconosco che il mio amore è falso e fatto solo di parole. Ma non voglio arrivare così alla fine dei miei giorni, perciò, Signore, fa’ che io approfitti della tua misericordia e guarisca mentre sono ancora in tempo.
Pratica – Farò tesoro delle ispirazioni con le quali Dio viene a farmi visita di quando in quando. Non imiterò Gerusalemme, ma mi sforzerò di cominciare con fervore una nuova vita.
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